Come a tanti, anche a me capita spesso di parlare del COVID-19 e dei suoi impatti in vari ambiti. Per abitudine accademica e professionale, cerco di farlo applicando tre criteri: parlare di cose delle quali ho conoscenza diretta, chiedere spiegazioni (spiegazioni, non “chiarimenti”), quando devo trarre delle conclusioni di mia competenza che richiedono conoscenze extragiuridiche, evitare di parlare su temi al di fuori del mio ambito di conoscenza.
Questo atteggiamento, proprio delle persone abituate a ragionare su base logica, è meno diffuso di quanto si possa pensare e non (solo) per ignoranza, ma per una forma di arroganza intellettuale in nome della quale il fatto di avere competenze in un ambito autoattribuisce titolo e autorità per “parlare d’altro”.
Nel caso del COVID-19 questo si traduce nel frequente l’utilizzo di argomenti basati sulle “troppe coincidenze” come:
- il COVID-19 è partito da un luogo dove c’è un laboratorio di ricerca e quindi è scappato al controllo per un errore (basta essere stato almeno una volta in un laboratorio del genere per sapere che è praticamente impossibile che accada)
- il COVID-19 era stato costruito in laboratorio già dal 2015 (ci sono evidenze scientifiche indiscutibili che dimostrano che non è vero)
- un libro aveva previsto la pandemia nel 2020 (ma è scritto da uno dei tanti soggetti che dichiaravano di essere dotati di “poteri medianici”) e un altro aveva addirittura indicato chiamato il virus WuHan-400 (ma è un racconto di fantascienza),
tutte riassunte nel paradigma dell’ragionamento irrazionale: “e chi ti dice che…?”
Attribuire valore alle coincidenze è un classico errore di ragionamento: si prendono dei fatti e si pretende di stabilire una correlazione fra di loro per poi trasformare questa correlazione nella “prova” di ciò che era già stato deciso essere vero. E’ il classico metodo da “complottista” mirabilmente descritto da Umberto Eco ne Il pendolo di Foucault.
L’arroganza che deriva dall’avere un qualche titolo di studio (magari anche) universitario si manifesta dunque nel rifiuto di accettare che:
- non tutti i fenomeni hanno una spiegazione immediata,
- il fatto di non capire un argomento non lo trasforma in “misterioso” o “esoterico”,
- se si vuole comprendere un argomento che non si conosce bisogna studiarlo a fondo, piuttosto che affidarsi a talk-show e social-network.
E’ abbastanza riduttivo, dunque, pensare che sia l’ignoranza delle persone ad alimentare le fake news, perchè alla diffusione del fenomeno contribuisce anche l’arroganza (pseudo)culturale di chi predilige e seleziona informazioni che confermano le sue (sballate) convinzioni.
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